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Aprile 3, 2019

Dal Jobs act al Decreto dignità

Le ultime due riforme in termini di contrattualistica sono state il Jobs Act, nel 2014, e il Decreto Dignità, nel 2018. Se il primo ha avuto un impatto su tutte le tipologie contrattuali, il secondo si è invece concentrato sui contratti a termine e quelli di somministrazione, con azioni anche in controtendenza rispetto alla precedente riforma.
Alcune novità introdotte da queste due riforme sulle tipologie contrattuali più diffuse.

Contratto a tempo determinato

Con il Jobs Act viene eliminato l’obbligo di specificare la causale, che aveva l’obiettivo di giustificare l’esistenza di un termine nel contratto: si parla di contratto a termine a-causale. Esso può avere una durata massima di 36 mesi e un numero massimo di 5 proroghe. Viene inoltre introdotto il “periodo cuscinetto”: se alla scadenza del contratto, o dopo i 36 mesi massimi consentiti, il lavoro prosegue per altri 30 giorni (nel caso di contratto con durata inferiore ai 6 mesi) o per altri 50 giorni (nel caso di contratto con durata superiore ai 6), il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al lavoratore una maggiorazione contributiva per ogni giorno di lavoro svolto; terminato questo periodo di 30 o 50 giorni, il contratto si considera trasformato a tempo indeterminato. Altra novità è l’introduzione di un limite massimo alla stipula dei contratti a tempo determinato da parte di uno stesso datore di lavoro: il numero dei contratti a tempo determinato deve essere non più del 20% del numero di lavoratori a tempo indeterminato.
Con il Decreto Dignità si è fatto un passo indietro rispetto al Jobs Act: vengono, infatti, reintrodotte le causali. Rimane possibile stipulare un primo contratto a termine a-causale di durata non superiore ai 12 mesi; tuttavia, ciò è possibile solo se tra quel datore di lavoro e quel lavoratore non sia mai stato stipulato un contratto in precedenza. Nel caso in cui il contratto dovesse avere una durata superiore ai 12 mesi o si dovesse andare incontro proroghe, la causale diventa necessaria per la stipula del contratto. In particolare, le causali possono essere:

  • Esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività
  • Esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria
  • Causale sostitutiva

Altra novità del Decreto Dignità è la riduzione della durata massima dei contratti a tempo determinato: da 36 a 24 mesi. Viene, inoltre, ridotto il numero di proroghe ammesse: da 5 a 4. Infine, con lo scopo di scoraggiare il ricordo al contratto a tempo determinato a favore della stipula di un contratto a tempo indeterminato, viene previsto un aggravio contributivo dello 0,5% a carico del datore di lavoro per ogni rinnovo.

Contratto di apprendistato

Il Jobs Act è intervenuto su questa tipologia di contratto cercando di semplificarlo. Proprio per snellire gli oneri e i vincoli burocratici, è stata eliminata la forma scritta del Piano Formativo Individuale. Inoltre, viene data maggiore libertà al datore di lavoro: egli ora ha la possibilità (e non più l’obbligo) di integrare la formazione professionalizzante con quella pubblica e non è più obbligato ad assicurare lo svolgimento completo del periodo di formazione a un certo numero di apprendisti per poterne assumere altri. Infine, viene introdotta la retribuzione del 35% solo per le ore di formazione, per l’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale.

Contratto di somministrazione

Il Jobs Act ha introdotto l’a-causalità totale nella stipula del contratto di somministrazione, come già avvenuto nel contratto a tempo determinato. La durata massima prevista è di 36 mesi, con un massimo di 6 proroghe ammesse. Inoltre, viene consentito un numero illimitato di riattivazioni del contratto, senza la necessità dello Stop&Go.
Il Decreto Dignità, coerentemente con quanto avvenuto con il contratto a tempo determinato, ha reintrodotto le causali anche nel contratto di somministrazione. Anche qui, inoltre, è stato introdotto l’aumento contributivo dello 0,5% in caso di rinnovo.

Contratto a progetto

Il Jobs Act è intervenuto in maniera estrema sui contratti di collaborazione a progetto: non sarà più possibile stipularne di nuovi e quelli in essere non potranno essere rinnovati. Tuttavia, ci sono alcune deroghe: dall’abolizione dei contratti a progetto saranno escluse alcune categorie di lavoratori appartenenti al settore della pubblica amministrazione, alle professioni intellettuali e alle funzioni di amministrazione e controllo di società, collegi e commissioni.

Job Sharing

Il Jobs Act ha abolito anche questa forma contrattuale, essendo applicata in Italia in appena 300 casi.

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